domenica 6 giugno 2010

IL DILUVIO UNIVERSALE

dopo che il diluvio ha spazzato via la vita dalla terra , le leggende Sumere ci parlano della devastazione di Marte e della civiltà che lo popolava.....se mi avete letto fino ad ora , siamo quasi alla fine......

Tratto da Area di Confine n° 32 - Maggio 2008

La descrizione della catastrofe è ricca di dettagli che riguardano anche le conseguenze delle perturbazioni gravitazionali avute su Marte in seguito al passaggio di Nibiru.

Tratto da Area di Confine n° 32 - Maggio 2008

Di Roberto Boncristiano

…Lahmu (Marte) è stata devastata dal passaggio di Nibiru! Così riferì Marduk. La sua atmosfera è stata risucchiata, le sue acque sono poi evaporate, si è trasformata in un luogo di tempeste di polvere!...”. Questa descrizione sumera delle nuove condizioni climatiche e fisiche di Marte ci impone una doverosa riflessione: ci sono riferimenti scientificamente fondati sulla dispersione improvvisa dell’atmosfera di Marte, che è stata “risucchiata”.


Cosa può aver provocato un processo così repentino di disgregazione e rarefazione dell’atmosfera marziana? Indubbiamente la forza di attrazione esercitata da Nibiru può solo parzialmente “strappare” a Marte la sua atmosfera, e dunque occorre preventivare un ulteriore fattore che abbia concorso al risucchio dell’atmosfera marziana. Riteniamo plausibile l’ipotesi di Melosh e Vickery, concernente la distruzione dell’atmosfera marziana per ripetuti impatti di asteroidi e meteoriti con il suolo marziano, anche perché il progressivo avvicinarsi del pianeta Nibiru provoca, nel medio periodo, l’espulsione dalla fascia degli asteroidi di corpi rocciosi, trascinandoli con sé nel suo moto orbitale, oppure cattura materiale meteoritico o protoplanetario residuo scagliandolo verso i pianeti interni del sistema solare. La intensa craterizzazione dell’emisfero meridionale innesca il processo di rarefazione e di dispersione dell’atmosfera marziana in un arco temporale sufficientemente prolungato. Una riduzione progressiva della densità atmosferica comporterà una diminuzione dei valori pressori e della temperatura necessari per la permanenza dell’acqua allo stato liquido; non è casuale che il testo sumero riferisca che “ le sue acque sono poi evaporate”. E’ probabile che in una fase iniziale le acque marziane siano state soggette ad evaporazione per il surriscaldamento della superficie marziana, dovuto all’enorme energia da collisione sprigionata dagli innumerevoli corpi asteroidei e meteoritici. Successivamente, le nubi di vapore generate dagli impatti decompongono l’atmosfera marziana, la cui pressione, ormai asfittica, non è in grado di trattenere l’enorme quantità di vapore acqueo immesso nell’atmosfera marziana e di evitare il passaggio dell’acqua dallo stato liquido a quello gassoso. Le molecole di vapore acqueo, successivamente, si disperdono nello spazio profondo per la carenze fisico-chimiche dell’atmosfera marziana. Le acque marziane, inoltre, subiscono l’intenso influsso gravitazionale di Nibiru per un esteso periodo di tempo e, dunque, subiscono poderose spinte acceleratici che le rendono impetuose e capaci di un’azione erosiva profonda. Nel sito marziano di Chryse Planitia si può notare un sistema fluviale con una larghezza di 25 chilometri e una lunghezza di oltre 2000 chilometri, con una portata di milioni di metri cubi al secondo. Solo uno scorrimento rapido di imponenti masse d’acqua può spiegare il modellamento delle pareti del sistema fluviale, estremamente lisce e livellate. Non essendo ravvisabili nel sito dislivelli del terreno, è lecito chiedersi come fosse possibile una velocità di scorrimento delle acque così travolgente. Il ricercatore Cattermole, ma anche Victor Baker e Daniel Milton, sottolineano che solo una “inondazione catastrofica” può svolgere un’azione erosiva con effetti così macroscopici. Si suppone che inondazioni di questa tipologia siano preventivabili se immaginiamo fondatamente una forza gravitazionale accentuata ed emanata da un gigantesco corpo celeste, e ipotizziamo che questo astro fosse il pianeta Nibiru, come ricordato dai testi sumeri.

Un altro sito marziano, denominato Reul Vallis, presenta una profonda scanalatura, configurabile come un immenso letto di un fiume, le cui acque scorrevano tumultuosamente sull’intera area circostante, per effetto di un’inondazione catastrofica; lo studioso Michael Malin la paragona per le sue dimensioni al diluvio che colpì il Mar Mediterraneo. Questi rinomati scienziati confermano dunque che anche Marte è stato subissato da fenomeni diluviali, e probabilmente nello stesso periodo del Diluvio Universale che imperversò sulla Terra almeno 13000 anni fa. Il ricercatore James B. Pollack ritiene che le grandi formazioni fluviali marziane denotino caratteristiche specifiche che non sono inquadrabili nell’ambito di un unico evento fisico, ma ciascuna valle è riportabile a un singolo fenomeno fisico, distinto da tutti gli altri. La congettura di Pollack sembra presupporre un susseguirsi di un insieme di eventi traumatici, collegabili a catastrofi cosmiche da impatti e collisioni di corpi estranei provenienti dallo spazio. Non si può escludere che lo studioso alludesse all’eventualità di prefigurare fenomeni fisici che non siano impatti o collisioni con corpi celesti, tuttavia è opportuno prendere in considerazione tutte le possibili ipotesi esplicative. La sonda spaziale americana Mars Global Surveyor ( MGS ) ha rivelato che vi sono sulla superficie marziana prove materiali di uno scorrimento di acqua liquida in un passato molto recente, e particolarmente nel sistema di canyons denominato Valles Marineris sono stati scoperti i segni indelebili di un flusso spiccatamente erosivo e improvviso dell’acqua, a tal punto che i canali visibili prospicienti il sito della Valles Marineris mostrano le tracce inconfondibili di un fluire rovinoso dell’acqua. Alcuni studiosi sono persuasi che un erompere così devastante di masse liquide sia stato possibile per effetto di uno scioglimento rapido del ghiaccio intrappolato nel permafrost. Il rialzo termico all’origine dello scioglimento è stato imputato al calore prodotto da sorgenti vulcaniche o al flusso termico proveniente dall’interno del pianeta. Dovremo attenderci,dunque, in un prossimo futuro un riscaldamento del pianeta a causa di una variazione orbitale? Oppure questo flusso termico di origine endogena è sufficiente per sciogliere esorbitanti masse d’acqua ghiacciata nel sottosuolo marziano? Ci sembra piuttosto fragile una simile spiegazione per giustificare lo scioglimento del permafrost marziano, perché occorrerebbe stabilire la quantità di calore necessario per poter trasformare in acqua liquida un quantitativo non meglio precisato di ghiaccio marziano, nonché quanto calore può essere generato dalle fonti energetiche interne al pianeta. Non ci risulta, almeno ufficialmente, che siano disponibili questi dati per compiere le misurazioni del caso. Non si porrebbero problemi di misurazione se ci affidassimo a una ipotesi certamente azzardata, ma non più di quelle proposte da eminenti scienziati, circa l’avvicinamento di un pianeta di grosse dimensioni, la cui forza gravitazionale, certamente incalcolabile, produrrebbe un riscaldamento tale da causare la liquefazione degli immensi depositi di ghiaccio marziano, il bombardamento di Marte con corpi rocciosi catturati dalla sua “rete”, come direbbero i Sumeri, e l’innalzamento imperioso delle acque che scorrono in superficie. Non possiamo trascurare l’ultimo dettaglio della testimonianza sumera, relativa alla trasformazione di Marte in “un luogo di tempeste di polvere”. I dati a nostra disposizione stabiliscono che Marte sia soggetto ad un’attività di erosione e di deposizione di origine eolica; i venti possono giungere alla ragguardevole velocità di 400 chilometri orari, sollevando quantità incredibili di polvere sabbiosa e disseminandola sull’intera superficie marziana. La presenza di un simile ammasso di sabbia risulta sconcertante e al momento non vi sono spiegazioni plausibili, ma è ormai assodato che la vita sarebbe proprio impossibile in siffatte condizioni e Marduk, uno dei personaggi più in vista degli Anunnaki, ha tutte le ragioni per lamentarsi quando informa che “…la loro stazione è stata colpita da tempeste di polvere…”; in un altro passo del testo sumero si riferisce che “…ci disturbano forti venti che sollevano fastidiose tempeste di polvere…e il pianeta fu avvolto da aridità e polvere…”. Il già menzionato disastro cosmico che colpisce Marte indurrà gli Anunnaki ad abbandonare Lahmu ( Marte ) dato che “…le condizioni sono diventate insopportabili,la sopravvivenza non è più possibile…”. La memoria storica dei Sumeri conferma in modo inequivocabile che un evento catastrofico di origine cosmica si è abbattuto sulla Terra e su Marte, seminando morte e distruzione ovunque. La Terra sarà sconvolta da inondazioni, terremoti e tempeste atmosferiche, che porteranno alla quasi estinzione dell’umanità, mentre Marte disperderà nello spazio quasi tutta la sua atmosfera e parte delle sue riserve idriche. Possiamo reperire ulteriori riscontri di natura storica che ci permettono di associare il Diluvio Universale, o comunque una catastrofe cosmica, ad entrambi i pianeti; nella cultura egizia veniva posto uno stretto legame tra il pianeta Marte e il monumento della Sfinge nella piana di Giza.