martedì 8 giugno 2010

CIVILTA' SOMMERSE 2°parte

ed eccovi la seconda parte dell'articolo.....è ancora più lunga della prima e densa di particolari, se quanto scritto fosse realmente spiegabile e documentabile la nostra storia sarebbe stravolta....

La disposizione delle pietre fa pensare a rovine sottomarine come Bimini e le Bahamas.
A riguardo è stato scritto: "I fori circolari sono situati sulla sommità di un piccolo castello a 5 e 20 metri sotto l'acqua, lontano dalla costa, esiste l'ipotesi che siano stati dei pozzi. Le isole sono state usate come cimiteri quindi è possibile che siano state tombe, una spiegazione logica considerando che alcuni hanno due camere, una verticale in basso e una orizzontale; un valido e semplice sistema per ricavare un secondo loculo nello stesso spazio senza danneggiare il primo."
Sempre alle Bahamas, durante la ricerca di altre vestigia sotto i Carabi, è stata scoperta nel 2003, una grande struttura a pianta rettangolare situata in prossimità dell'isola di Andros, una costruzione di pietra, di circa 400 metri per 50, chiamata piattaforma di Andros composta di tre file di pietre di 15 metri di larghezza. Ogni fila comincia con una serie di grandi blocchi di 10 metri per 8 disposti fra loro con grande precisione e la maggior parte degli angoli perfettamente rettangolari. Gli spazi fra le file sono riempiti da pietre più piccole.
Blocchi di roccia di forma variabile, alcuni tronco-conici, altri cilindrici, alcuni con scanalature regolari verticali, come fossero frammenti di colonne.
Numerose rovine sono state avvistate un po' ovunque nell'arcipelago delle Bahamas e anche altrove nei Carabi. Confermano l'esistenza di un'antica civiltà che può aver preceduto quella egizia di circa 5.000 anni.
In Giappone esistono piramidi a facce levigate. Nell'isola di Honsu, sul monte Kasagi, è stata rinvenuta una piramide monolitica che sembra la versione in miniatura della Grande Piramide egizia, è formata da un unico blocco granitico di 4,70 metri alto oltre 2 metri.
Blocchi monolitici perfettamente incastrati fra loro sono presenti anche nel palazzo imperiale di Tokyo e ricordano la stessa tecnologia delle costruzioni incaiche.
Nella foresta di Nabeyama due Menhir affiancati, con lo scopo di segnalare i solstizi e le eclissi, sono quanto rimane di un legame con la cultura neolitica europea ufficialmente sconosciuta a quella giapponese.
Tali corrispondenze sparse in tutto il globo evidenziano l'esistenza, in un remoto passato, di una cultura comune e di una civiltà che ha lasciato la sua impronta prima di sparire in circostanze misteriose.
Un'antica memoria storica che sta riemergendo dalle acque che l'hanno sommersa oltre 12.000 anni fa. Un popolo che aveva inglobato nei suoi domini anche il Giappone; una terra che ha avuto dodici dinastie d'imperatori divini durante un lungo regno durato 18.000 anni. Una dominazione definita "cosmica" che vede, negli antenati, uomini bianchi capaci di soggiogare gli antichi Ainu e fondare la stirpe Yamato. Particolare confermato dagli etnologi che, attraverso analisi linguistiche, accertano un'affinità fra la lingua giapponese e quella babilonese. Una conferma della radice culturale comune antidiluviana fra le popolazioni antiche.
Le strutture scoperte sono situate al largo di Okinawa e nelle varie isole della catena di Ryukyu. La più pubblicizzata e spettacolare si trova a sud dell'isola di Yonaguni, a est di Taiwan e presenta una similitudine con gli Ziggurat babilonesi. Una struttura asimmetrica intagliata in titaniche pietre le cui facce appaiono essere accuratamente rifinite.
Un gigantesco "ziggurat" rettangolare in pietra formato da cinque livelli nel fondale del mare del Giappone, un monumento di 183 metri di larghezza e 27 di altezza, scoperto nel 1990, che testimonierebbe l'esistenza di una civilizzazione sconosciuta risalente all'età della pietra, questo è il parere degli archeologi. Sembra una struttura artificiale situata un tempo sopra la superficie e inabissatasi successivamente come testimonierebbe altra struttura simile ritrovata in zona con caratteristiche analoghe. Il prof Masaki Kimura, geologo dell'università di Ryukyu a Okinawa, ha stabilito che sono strutture artificiali erette dall'uomo consistenti in una serie di gradoni tagliati manualmente con motivi triangolari e romboidali; un intricato sistema di gradoni e terrazze. Nella parte orientale della piattaforma un canale, largo 75 centimetri, che corre per 8 metri dentro la struttura.
Quattro terrazze scavate nella roccia che puntano in direzioni diverse e una di queste termina in un fossato aperto che scende fino al fondale, con un orientamento est-ovest. Il lato occidentale della struttura è racchiuso da un muro formato da grossi blocchi di pietra calcarea che non è originaria della zona.
Un sentiero largo più di 10 metri pavimentato con pietre e che presenta anche tracce di riparazioni gira tutto intorno alla base del monumento.
Nella zona della piramide sono stati ritrovati arnesi da lavoro e tavolette con incisioni indecifrate, un rilievo a forma di tartaruga e prove dell'uso del fuoco.
A ovest si trova l'area del "Palazzo", con corridoi sottomarini e spaziose camere dai muri e soffitti megalitici, architravi, scalinate, condotti e tunnel, lastre e solchi.
I margini presentano un taglio netto, massicce le strutture rettilinee; notevole il particolare macigno scavato a parallelepipedo conosciuto come il "palco di pietra".
Altrettanto curiosa e particolare la forma di alcune pietre che ricordano il disegno del guscio della tartaruga.
Le analisi confermano che il complesso sottomarino di Ryukyu sia stato un sito religioso e cerimoniale simile a siti archeologici presenti in altre parti, in particolare alla città Inca di Pachacamac in Perù; quindi opera di un popolo con un alto grado si conoscenza tecnologica. Il sito è databile fra l'8.000 e il 12.000 a.C.; per molti più antico delle piramidi egizie rilevando la presenza di una civiltà evoluta scomparsa con il diluvio.
Nelle vicinanze sono state trovate altre strutture, di 10 metri per 2, che includono strade pavimentate e scalinate che conducono a grandi piazze, piloni, incroci e enormi altari.
Dagli esperti viene escluso un processo di erosione; si pensa che la regione sia sprofondata all'epoca dell'ultimo periodo glaciale quando, secondo la scienza moderna, gli esseri umani erano ancora allo stato primitivo e nell'impossibilità di erigere simili strutture piramidali.
Alla profondità di 25 e 30 metri nella zona di Taiwan si trovano alcuni muri piatti di roccia che si estendono per oltre 100 metri, alti un metro e larghi 50 centimetri. Rovine che potrebbero essere quelle della leggendaria e perduta civiltà di Penghu protagonista dei miti antichi di 7.000 e 12.000 anni. Resti classificati simili quelli di un'antica villa sotto marina di Hujing.
I muri sono disposti nella direzione est ovest, alcune sezioni hanno lastre arrotondate lungo una formazione lineare, prova del lavoro dell'uomo. Il prof. Tsao Nu-chung, capo della sezione di inchiesta geologica di Taiwan ha dichiarato che il basalto e altri tipi di lava vulcanica possono ugualmente creare formazioni lineari dovuti ai giochi dell'acqua.
I pescatori hanno sempre narrato di strutture sommerse somiglianti a templi con estese mura rosse.
L'antico muro è a forma di croce posizionato con esattezza lungo la linea nord-sud, costruito in basalto, corre per 160 metri da ovest a est e 189 dal nord al sud; alto 15 metri, spesso circa un 1,5 nella parte alta e 2,5 metri in quella bassa.
Alcune parti risultano erose per cui non eguali, il diametro del muro esterno di circa 20 metri quello interno di 15. Un'opera dell'uomo composta da pietre di taglia similare con superfici piatte e levigate, angoli diritti come le costruzioni attuali.
Esempio di altre costruzioni megalitiche poste sotto e sopra l'oceano la casa in pietra di Taga.
Alle Marianne le rovine di grandi pilastri in pietra, composti da sei a quattordici blocchi, somigliano a funghi disposte in doppie file. L'isola di Tinian ha due grandi megaliti di corallo ognuno di circa 30 tonnellate, con una circonferenza di 5,5 metri, un'altezza di oltre 3,5 metri.
Il sito di Nan-Madol sull'isola di Ponape presenta costruzioni megalitiche costituite da blocchi di basalto formati da prismi esagonali disposti a croce di 12 metri di altezza e 5 di spessore trasportati sul posto da altre isole lontane più di 15 miglia. Al largo di Pohnpei, a 54° da Angkor, si trovano numerose isole artificiali costruite con basalto e corallo.
La struttura più grande è orientata verso i quattro punti cardinali e l'ingresso a ovest all'interno una collina a forma di piramide con pareti di megaliti in basalto lunghi 6 metri, del peso di 50 tonnellate.
Il sito è percorso da un sistema di canali simili a quelli di Angkor. Intorno vaste rovine subacquee. Si racconta che i blocchi furono trasportati da divinità dotate di poteri magici e gli spiriti abiterebbero ancora quei luoghi, tanto che gli abitanti di Phonpei non osano avventurarsi sulle isole di Nan Madol che si dice costruita sopra le rovine di un'antica città degli Dèi sommersa sotto l'oceano.
Ben conosciute le vestigia della città d'Insaru, sull'isola di Lelu, est delle Caroline, consistenti in mura di enormi piramidi di basalto posizionate intorno ad un sistema di canali. Rovine molto simili a quelle di Nan Madol ma meno estese.
Un mistero insoluto la provenienza delle pietre, anche qui si narrano leggende che contemplano maghi in grado di erigere simili costruzioni in una sola notte.
Nell'isola di Palau a ovest delle Caroline si osservano colline a terrazze formate da costruzioni piramidali; nessuno sa perché siano state costruite.
Il sito megalitico di Bairulchan sull'isola di Babeldaob possiede due file di 37 grandi monoliti di basalto, il più grande pesa oltre 3 tonnellate.
Sull'isola dei Pini, in Melanesia, sono presenti 400 grandi tumuli risalenti a 3.000 anni, con un diametro che varia da 9 a 50 metri, alti fino a 4,5 metri, costituiti da un composto di macerie, terra, grani di corallo, ossido di ferro. Altri da cemento formato con calce e conchiglie. Secondo gli archeologi sarebbero stati costruiti da uccelli di grande mole oggi estinti. Un'ipotesi che non fornisce una risposta esauriente.
40 templi piramidali alti da 3 a 9 metri, larghi fino a 18 e lunghi da 30 a 60 con tracce di strade pavimentate che conducono verso il mare, dove si interrompono bruscamente, si possono osservare sull'isola disabitata di Malden nella repubblica del Kiribati.
Una megalitica strada antica sull'isola di Rarotonga, la più grande delle isole di Cook, congiunge piattaforme piramidali sparse ovunque, alcuni tratti della strada sono pavimentati con lastre, ma la parte maggiore è coperta di asfalto.
In tutta la Polinesia sono presenti piattaforme piramidali su alcune delle quali sono state ricostruite abitazioni e centri religiosi pubblici, altre piattaforme sono considerate sacri tabù e precluse al pubblico. Alcune sono di 120 metri per 30, formate da blocchi ciclopici del peso di 10 tonnellate.
Ritornando verso l'oceano Indiano e confrontando le coste attuali dell'India, con quelle segnate nelle antiche carte e quelle che segnalano le inondazioni avvenute nel tempo nella zona, si evidenzia facilmente la striscia costiera di 11.000 anni fa; ben 100 Km si trovano attualmente a 23 metri sotto il livello del mare.
Il golfo di Cambay era una fertile pianura e la città di Dwarka si trovava a 100 Km dall'oceano; l'odierna Surat si sarebbe trovata a 700 Km dal mare. Lo stesso dicasi per Poompuhur, anch'essa 100 Km lontana dalle acque e Mahabalipuram a 50 Km.
Sul fondo di Cambay, a 40 Km dalla costa, alla profondità di 30 e 40 metri, i ricercatori dell'Istituto Nazionale della Tecnologia Oceanica, hanno esplorato i resti di una città che copre una superficie di 9 Km, con mura di 3 metri, una diga di 600 metri, le tracce di antichi fiumi; hanno recuperato migliaia di oggetti, gioielli, attrezzi, resti umani, che datano il sito a 9.500 anni fa. Un fatto che, ripensando alla cronologia storica della civiltà umana, fa riflettere profondamente.
Le stesse Maldive comprendevano migliaia di chilometri di terre emerse, un vasto arcipelago di grandi isole sulle quali s'innalzavano grandi piramidi adesso sul fondo dell'oceano, delle quali rimangono alcune rovine all'interno di alcune isole. Il territorio di Sri Lanka era unito alla penisola indiana dalla valle che adesso si trova sotto lo stretto di Palk.
Un'immagine satellitare della NASA di un antico ponte subacqueo di 30 Km nello stretto di Palk, fra l'India e Sri Lanka, rivela, dalla curvatura e dalla composizione, l'esistenza di un collegamento artificiale, fra la città indiana di Rameshwaram e il litorale dell'isola di Sri Lanka, dove secondo antiche scritture, leggende e studi archeologici condotti nell'area, risulterebbe che i primi abitanti apparvero 1.750.000 anni fa circa; la stessa età del ponte. Nel Ramayama si accenna a tale collegamento la cui costruzione sembra sia stata ordinata da Rama durante il Treta Yuga proprio 1.750.000 anni fa.
Nel Ramayama il racconto della sua costruzione: "Per costruire un ponte oltre il mare, orsi e scimmie scagliarono in acqua alberi e rocce, Rama li fece galleggiare mentre gli Dèi osservavano gli eserciti di scimmie che attraversavano il mare passando sul ponte di Rama."
Lo Tsunami di alcuni anni fa ha fatto scoprire resti di antichi templi e centinaia di blocchi, antiche rovine di una città, attirando archeologi e turisti nell'antico centro leggendario di Mahabalipuram; un antico porto e capitale di un regno famoso - per i templi indù elaborati - che svolgeva commerci con la Cina e l'Asia fino a 1300 anni fa.
Un'antica città con decine di templi coperti da sculture; famosa per le leggendarie Sette Pagode, talmente belle che gli dèi invidiosi distrussero provocando un tremendo maremoto.
Muri, blocchi di pietra perfettamente tagliati, di varie dimensioni, alcuni molto grandi, con forme perfette, allineati e lavorati da individui con notevoli cognizioni tecnologiche e sistemati in un preciso ordine; sono stati ritrovati dall'archeologo Alok Tripathy dell'Archeological Survey dell'India.
Nei resoconti dl 1770 si sospettava l'esistenza strutture sommerse davanti alla costa perché la risacca ancora oggi si infrange al largo e gli abitanti narrano di una magnifica e vasta città con pagode dai tetti d'oro che ancora nell'ottocento capitava di intravedere tra i flutti e che adesso sono nascoste dalla sabbia del fondo dell'oceano.
I pescatori hanno sempre saputo trovano le rovine sommerse in quanto intorno ad esse vivono e prolificano migliaia di pesci, la cui pesca rappresenta una risorsa fondamentale per la loro sopravvivenza.
Una leggenda racconta della guerra contro Krishna, re di Dwarka, scatenata da Banasura, figlio di Bali fondatore della città, per difendere la reputazione di sua figlia che si diceva sedotta con un sotterfugio da Aniruchela, nipote di Krishna. Shiva stesso combatté al fianco di Banasura, ma Krishna ebbe la meglio. Seguì un periodo di pace durante il quale il successore al trono di Mahabalipuram fu condotto sotto mentite spoglie alla corte di Indra. Ciò che vide lo spinse a trasformare la sua Mahabalipuram nella città più bella della terra suscitando le invidie degli Dèi, i quali, riunitisi in conclave e incitati da Indra, ordinarono al dio del mare di inondare il luogo.
Il mito, pubblicato solo nel 1700 quando ancora non erano state lette le antiche iscrizioni mesopotamiche, presenta notevoli similitudini con il testo sumero del diluvio dove troviamo Dèi adirati con gli uomini. Secondo il mito indiano la vicenda aveva luogo all'alba del Kali Yuga, un'epoca, quella in cui attualmente viviamo, considerata dai Veda un'età di tenebre spirituali, ricolma della peggior specie della crudeltà umana.
Approfittando per una breve digressione sull'Egitto tirato in ballo in occasione di una News riguardante la Sfinge ho lasciato di parlare per ultimo delle rovine dei grandi monumenti - eretti in Egitto nel 331 a.C. da Alessandro - attualmente anch'essi sotto il mare.
L'Egitto è da sempre considerato, a torto o a ragione, la terra che racchiude il mistero della civiltà. I suoi monumenti di pietra continuano ad affascinare l'uomo, a creare scenari fantastici. Inutile negare che la sua storia, i suoi miti, usi e costumi hanno condizionato e influenzato il pensiero umano. Cercare fra quelle pietre e sotto quelle sabbie provando a ricostruire il fasto della sua antichità, riportare alla luce la sua grande conoscenza, non deve far sentire nessuno defraudato o offeso; non squalifica, né depaupera il popolo egizio della sua antica storia.
La storia di quella terra è la storia dell'intera umanità, la nostra storia. L'uomo ha il diritto di conoscerla; rappresenta uno dei tasselli del grande puzzle, che una volta completato, contribuirà a comprendere la nostra permanenza su questo pianeta.
Pochi sono però interessati a ricostruire il passato, dato che per testimonianze dirette veniamo a sapere dell'esistenza nei sotterranei e nei magazzini del Museo dell'antichità di Berlino di "una grande quantità di manufatti egizi ancora imballati così come erano giunti dall'Egitto. Oggetti che possono contenere indizi su quella civiltà e sui suoi segreti." ( Bauval - La Camera segreta - pag. 83)
Riportiamo un sunto di quanto è stato scritto, da eminenti storici e ricercatori, riguardo ad Alessandria, perla del Mediterraneo, sede di una delle sette meraviglie del mondo, un faro di 130 metri, la cui luce prodotta bruciando legname veniva amplificata attraverso un sistema di specchi in modo da essere visibile a grandi distanze.
Nel primo secolo dopo Cristo tutta la terra Egizia era prospera e il porto di Alessandria era il centro più ricco, urbanizzato, culturale e civilizzato del mondo, un crocevia commerciale senza uguali, dove vivevano a stretto contatto 500.000 individui fra ebrei, egiziani, galli, nubiani e persiani.
La città contava oltre 800 taverne, 1500 centri termali, oltre 2400 templi, decine di migliaia di abitazioni, teatri, uno stadio per i giochi, un enorme mercato, parchi pubblici.
Numerosi i monumenti di rinomata architettura per la cui costruzione era stato impiegato tanto di quel marmo da abbagliare la vista quando veniva illuminato dal sole.
I due obelischi che erano situati davanti al tempio di Augusto si trovano attualmente sull'Embankment di Londra e al Central Park di New York.
Non era solo il Faro di Pharos la sua principale attrazione; c'era il sarcofago d'oro di Alessandro Magno e la famosa Biblioteca Alessandrina, chiamata Museion, frequentata da studiosi quali Euclide e Archimede; la più grande del mondo antico, dove studiosi, sovvenzionati con alloggio e pasti gratuiti, erano impegnati nelle traduzioni dei poemi di Zaratustra e della Bibbia.
La biblioteca contava una raccolta di libri e testi antichi che l'avevano consacrata come la sede suprema del sapere del mondo classico. In pratica era come se Oxford, Cambridge, Harward, Yale, La Sorbona e la Scuola di Belle Arti si fondessero in una sola.
Era stato disposto dal faraone che tutti i libri trovati sulle navi di passaggio fossero copiati e gli originali conservati nella Biblioteca; disposti in ordine sugli scaffali, nelle nicchie, catalogati e etichettati. Oltre 500.000 fra libri e rotoli.
In quel luogo Eratostene calcolò le dimensioni della Terra, Euclide scrisse libri di geometria, Ipparco elaborò la precessione stellare e i cataloghi delle magnitudini e coordinate stellari, Galeno i libri di medicina e terapia in uso in Europa fino al sedicesimo secolo; qui gli studiosi stabilirono le basi della matematica, fisica, astronomia, letteratura, geografia e medicina.
Le fonti di tutto questo sapere furono scritti egizi, compilati in copto e in geroglifici. Papiri, tavolette, steli, pareti di templi, tombe, santuari e piramidi, formarono quella che Bauval definisce una "Grande Camera degli Archivi".
Fonti che spinsero San Clemente di Alessandria a indicare l'Egitto madre dei maghi, in quanto secondo il santo gli egizi possedevano quarantadue libri del sapere scritti da Thoth conservati nelle camere segrete dei templi custoditi da sempre dai sacerdoti, custodi della conoscenza.
Di conseguenza viene ipotizzato che il Museion custodisse copie di tali libri. Ipotesi che non potrà mai essere provata o confutata in quanto la stupidità umana, divampata in un insensato incendio, ha privato l'umanità di quello che è stato considerato il più vasto tesoro intellettuale della storia.
Questa è storicamente Alessandria.
Oggi le rovine dell'antica città giacciono nei fondali del porto dove sono stati identificati blocchi di sessanta tonnellate posti in linea retta ritenuti parte dell'antico faro crollato in seguito ad un terremoto; compreso il basamento descritto da Strabone. L'archeologo francese Frank Goddio ha identificato nei resti di un grosso edificio il palazzo reale dei Tolomei e di Cleopatra.
Sono state ritrovate anche le antiche strutture di Herakleion, che ha preceduto Alessandria, e nella zona è stato allestito il primo Museo archeologico subacqueo. Gli altri reperti si trovano a Berlino e a Parigi. Ben visibili i ciclopici blocchi del faro, le statue greche e romane, busti, sfingi, colonne, capitelli, i resti del palazzo reale, sparsi nella sabbia insieme a monete luccicanti.
Dunque l'altra faccia della storia umana, l'altra parte, si cela sotto il fondo degli oceani, nascosta nella sabbia dove si perdono i solchi di carri, profondi fino a un metro, che in superficie si interrompono sulle vertiginose scogliere che si stagliano centinaia di metri sopra il mare. Profonde incisioni nella roccia, "binari", inquietanti interrogativi che nemmeno le più fervide fantasie riescono a spiegare.
Resti sommersi di antiche strutture che riemergono dagli abissi come fantasmi per riscrivere una storia dimenticata, ci parlano di una civiltà perduta, rimasta senza nome, cancellata dalla furia delle acque.

scritto da Annunaki2012 di Mauro Paoletti