sabato 12 giugno 2010

STAMINALI


Futuro staminale

In occasione della settimana nazionale dedicata alla malattia, i ricercatori fanno il punto della situazione sulle cure più all'avanguardia. Tra cinque anni i primi risultati

di Letizia Gabaglio

 “Le staminali nella cura delle sclerosi multipla sono già una realtà e lo diventeranno sempre più nei prossimi anni. Il nostro obiettivo è quello di usare diversi tipi di queste cellule nel momento più appropriato lungo il corso della malattia”. Il percorso è segnato, parola di Gianvito Martino, direttore dell'Unità di Neuroimmunologia dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano e membro del comitato scientifico della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism). L'occasione per dipingere il futuro della terapia staminale nella sclerosi multipla è stata la presentazione della X Settimana Nazionale dedicata a questa malattia (17-25 maggio) e delle celebrazioni per i 40 anni di attività dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla sia a fianco dei malati sia dei ricercatori, che finanzia attraverso la Fism.

Ed è proprio grazie a questi finanziamenti – che coprono il 70 per centro della ricerca italiana sulla sclerosi multipla e che solo negli ultimi due anni sono stati pari a più di tre milioni di euro – l'Italia nel 2007 ha prodotto il 10,7 per cento delle pubblicazioni mondiali sulla malattia. E ha acquisito nel corso degli anni una posizione di rilievo in specifici campi di ricerca: fra questi, l'uso delle staminali è quello più ricco di aspettative. Due in particolare le strade che la ricerca italiana ha aperto: quella delle cellule staminali mesenchimali, presenti nei tessuti umani adulti, e quella delle cellule staminali neurali, presenti nel cervello.

Facili da ottenere, efficaci nel bloccare l'aggressione del sistema immunitario contro la mielina, capaci di proteggere i neuroni dai danni causati dalla sclerosi multipla, le cellule staminali mesenchimali sono l'oggetto di studio di Antonio Uccelli, responsabile dell’Unità di neuroimmunologia del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedale S. Martino e Università di Genova. Si tratta di cellule ottenute grazie a una semplice biopsia osteomidollare ambulatoriale e sono immunologicamente inerti, non sono cioè riconosciute come estranee dall'organismo ricevente. In più, una volta iniettate per endovena, bloccano gli anticorpi che il sistema immunitario produce contro la mielina e poi migrano fino a entrare nel cervello dove svolgono un'azione protettiva nei confronti dei neuroni.

Nel secondo caso, invece, “abbiamo dimostrato che le cellule staminali del cervello, se manipolate prima in vitro in maniera opportuna e iniettate poi in vivo per via endovenosa o intratecale, sono in grado di raggiungere selettivamente le aree del cervello e del midollo spinale danneggiate dalla sclerosi multipla”, spiega Martino. Qui sono in grado di favorire la riparazione del tessuto danneggiato attraverso il rilascio di sostanze anti-infiammatorie e neuroprotettive.

In entrambi i casi, quindi, la ricerca italiana ha fatto chiarezza su cosa ci si può effettivamente aspettare dalla terapia staminale: non possono sostituire le cellule danneggiate dalla malattia ma sono efficaci nella misura in cui evitano o prevengono la degenerazione del tessuto.

Provata l'efficacia di questi metodi sul modello animale, si deve ora affrontare l'ostacolo maggiore: passare all'organismo umano. Il primo passo sarà quello di testate la tossicità della terapia: dimostrare, cioè, che l'iniezione di queste cellule non produce un danno. A Genova hanno già iniziato reclutando una decina di pazienti senza altre alternative terapeutiche, a Milano i tempi sono un po' più lunghi perché le cellule staminali neuronali sono più difficili da reperire. “Ma speriamo in cinque anni di poter presentare risultati sulla tossicità. E una volta dimostrato che queste cellule non sono tossiche – come ci aspettiamo - saremo pronti a passare a studi di efficacia”, conclude Martino.

Ma già oggi le cellule staminali sono usate per curare la sclerosi multipla. Grazie alla tecnica messa a punto in Italia, sono già 61 i malati sottoposti a trapianto di cellule staminali adulte del sangue, un'operazione che segue l'approccio consolidato nel trattamento delle leucemie. Una terapia che ha dimostrato la sua efficacia perché blocca l'azione distruttiva del sistema immunitario ma che purtroppo, a causa della sua invasività, può essere proposta solo a pazienti gravi che non rispondono alle cure.