domenica 6 giugno 2010

PIRAMIDI GIAPPONESI

non solo in egitto ma in tutto il modo , una civiltà ancora misteriosa ha praticamente costruito piramidi in tutto il mondo, in Giappone sono talmente antiche che oggi si trovano sul fondo marino

LE PIRAMIDI GIAPPONESI dal sito Roswell.it

Nel 1868 il colonnello James Churchward affermò di essere entrato in possesso di alcune tavolette di argilla per secoli abbandonate in un remoto monastero orientale, che recavano incisa, in una scrittura misteriosa, la storia di questo continente. Secondo le tavolette, Mu era un immenso continente dove circa 50 milioni di anni fa avrebbe avuto origine la vita. Il popolo di Mu adorava il Sole, di cui il re era diretta emanazione, e avrebbe colonizzato tutto il mondo, affidando ogni paese a un sovrano “figlio del Sole”. Una civiltà operosa e prospera che sarebbe perita all’improvviso nel periodo di massimo splendore: circa 25mila anni fa, infatti, violentissimi terremoti e maremoti si sarebbero abbattuti su questa terra facendola sprofondare negli abissi. Per i successivi cinquant’anni Churchward si dedicò alla decifrazione delle tavolette e a viaggi intorno al mondo per raccogliere tutte le informazioni possibili su questa presunta culla della civiltà umana. Ma senza successo.

Finchè quasi cento anni dopo, nel 1985, il giapponese Kikachiro Aratake, una guida subacquea di Yonaguni, durante un’immersione a circa 150 metri al largo dell’isola, fece la sensazionale scoperta: un’enorme struttura di pietra, dall’aspetto simile a una piramide, che si ergeva a una profondità di 25 metri. Yonaguni è situata molto più a Ovest rispetto alla zona dove Churchward aveva localizzato Mu, ma potrebbe comunque essere un primo indizio.

La scalinata sommersa “Nuotavo spinto dalla corrente quando improvvisamente mi si parò davanti una ripida parete di pietra”, ricorda Aratake. “Dovetti aggrapparmi con le mani alla roccia per costeggiare la struttura e non essere spinto lontano. Dopo la lunga passeggiata subacquea mi ritrovai di fronte a uno spettacolo da mozzare il fiato: la facciata era percorsa da scalinate, ognuna delle quali conduceva a terrazzamenti su vari livelli, in un insieme irregolare, ma continuo fino alla cima. La costruzione era così perfetta che mi aspettavo da un momento all’altro di vedere qualcuno uscirne. Ma gli unici abitanti erano i pesci che nuotavano intorno a me, e il silenzio del luogo era rotto solo dal battito del mio cuore”. La notizia del ritrovamento fu divulgata alla comunità scientifica nel 1986 e solo dal 1990 la zona fu dichiarata sito archeologico ufficiale. Ma cosa rappresenta questa sorta di piramide? Come e quando è stata sommersa? è davvero opera dell’uomo o è uno scherzo della natura? Newton lo ha chiesto a Ma-saaki Kimura, docente di Oceano-grafia all’Università delle Ryukyu e “padre accademico” del sito.”L’irregolarità e le dimensioni della struttura hanno reso difficile ricostruirne l’aspetto d’insieme”, esordisce lo studioso. “E avverse condizioni ambientali (come il kuroshio, la forte corrente calda del Pacifico, e i monsoni che impediscono le immersioni per molti mesi l’anno) hanno rallentato le operazioni. Finalmente”, aggiunge Kimura, “siamo riusciti a misurare la struttura: è un unico enorme blocco di roccia lungo 200 metri, largo 150 e alto circa 20. Per stabilire a che epoca risalga dobbiamo ancora fare analisi. La completa sommersione del luogo sarebbe stata causata dall’innalzamento del livello del mare in seguito all’ultima glaciazione, cioè almeno 9-10.000 anni fa, ma è anche plausibile che si tratti di una costruzione più recente, realizzata tra il 4000 e il 400 avanti Cristo”. Visita subacquea guidata

Quando Kimura inizia a descrivere il “suo” palazzo, sembra quasi di nuotare tra le parti più importanti della struttura. “La prima cosa che si nota nella sezione inferiore è un corridoio che si sviluppa lungo l’intero perimetro e che descrive, nell’estremità occidentale, una curva perfetta intorno alla parete”, racconta l’esperto. “Dalla facciata Sud, quella principale, partono le scalinate che portano alla zona dei terrazzamenti (a Ovest) e a quella che abbiamo definito “sacra” (a Est)”. Le scale, con gradini ben delineati e piuttosto alti, sono uno dei punti sui quali Kimura subisce più spesso gli attacchi dei sostenitori della tesi per la quale saremmo di fronte all’opera della natura e non dell’uomo. “Senza dubbio i gradini di alcune scalinate sono alti, alcuni arrivano persino a un metro, tanto da risultare poco agibili per l’uomo. Obiezione alla quale io ribatto che su cinque scalinate, ben tre sono “a misura di passo umano”, perfettamente percorribili”. Ma non è questa l’unica prova a favore dell’ipotesi che la costruzione sia opera dell’uomo, secondo l’oceanografo giapponese. “La piramide è un monolito, cioè un unico blocco di pietra, ma durante le analisi abbiamo trovato numerose pietre aggiuntive di diverse forme e dimensioni”, spiega Kimura. “Quelle squadrate, concentrate solo nelle vicinanze della piramide, sembrano frammenti derivanti dai processi di lavorazione della struttura (per esempio l’intaglio delle terrazze e delle scale). Le pietre rotonde, invece, potrebbero far parte di un rudimentale sistema per drenare l’acqua piovana. Si trovano, infatti, concentrate solo vicino a solchi scolpiti sulle superfici di roccia, che probabilmente fungevano da grondaie”.Benvenuti nel luogo sacro Salendo le scale a Est si accede alla sezione più alta, quella che Kimura definisce “sacra”. In questo lato sono stati trovati una serie di curiosi reperti, di cui, però, ancora non si conoscono le funzioni. “Prima di tutto una “scultura” simile a un uccello di pietra, poi una sorta di “vasca” dal profilo triangolare scavata nella roccia”, descrive con entusiasmo lo studioso. “Infine, un blocco di roccia scolpito a forma di tartaruga che richiama le cosiddette kamekobaka (letteralmente “tombe a guscio di tartaruga”), ritrovate anche a Okinawa, la principale isola dell’arcipelago delle Ryukyu”. A Nord, al centro di un’ampia pedana, si trova il vero oggetto di culto: una sorta di dolmen formato da una roccia orizzontale di 3 metri per 3, sostenuta da due pietre circolari più piccole. Poco lontano dal tempio è stato trovato un altro strano reperto: un megalite simile alle famose sculture dell’Isola di Pasqua, i Moai. “Si tratta di una grande roccia ovoidale con una serie di intagli nella parte superiore che sembrano tracciare un volto”, racconta Kimura. “Nelle fessure orizzontali che corrispondono agli occhi sono incastrate due pietre che potrebbero rappresentare le pupille”. A conferma dell’ipotesi che si tratti di un tempio edificato dall’uomo, Kimura rileva una notevole vicinanza del monumento al Tropico del Cancro. “Questa precisa collocazione geografica, secondo me, potrebbe indicare che gli antichi “costruttori” avevano precise cognizioni astronomiche”.

Ma chi ha eretto questa “piramide”? Kimura non si sbilancia. “L’ipotesi più plausibile è che sia opera di una popolazione arrivata dalle coste dell’Asia Sudorientale seguendo le rotte delle grandi migrazioni preistoriche”, spiega il professore. Tuttavia, per quanto riguarda il tipo di civiltà degli uomini che realizzarono l’impresa non si sa molto. “I reperti fanno ipotizzare un’organizzazione sociale con uno sviluppo tecnologico avanzato: questa misteriosa popolazione doveva essere in grado di realizzare lavori edili su grande scala, oggetti di pietra e incisioni su roccia, che potrebbero rivelarsi i segni di un sistema di scrittura pittografica”. Alcune incisioni ritrovate nel sito di Yonaguni, infatti, sono molto simili a quelle di una stele conservata al museo di Okinawa, la principale isola delle Ryukyu, e non ancora datata né decifrata. “Uno dei simboli di questa stele” sottolinea Kimura, “sembra un tempio sommerso. Se così fosse, potrebbe indicare che la struttura era già scomparsa ai tempi della stele”. Il racconto dagli abissi Tanti sono ancora i misteri che avvolgono Yonaguni. E ci vorrà ancora tempo per stabilire se il “tempio” è la prova che il colonnello Churchward cercò per una vita. “Non so se sia la prova decisiva dell’esistenza del mitico continente Mu”, conclude Kimura. “Di certo su questa roccia è incisa una pagina importante di storia. Dobbiamo solo imparare a leggerla”.