sabato 12 giugno 2010

INQUINAMENTO BIOCARBURANTI

Più inquinanti del petrolio

di Luca Saitta

 Convertire i terreni in colture per la produzione di biocarburanti determina un incremento delle emissioni di biossido di carbonio. Aggravando ulteriormente gli effetti del riscaldamento globale. A sostenere questa tesi è un nuovo studio di Nature Conservancy, organizzazione internazionale per la protezione dell'ambiente, pubblicato su “Science” alla fine di questo mese (la versione online è già disponibile da oggi). “La quantità di carbonio disperso nell'atmosfera attraverso questo tipo di utilizzo di boschi, pascoli e torbiere supera quella risparmiata consumando propellenti derivati dalle biomasse al posto dei combustibili fossili”, afferma Joe Fargione, autore dello studio: “Si tratta, infatti, di aree naturali che hanno immagazzinato nel tempo grandi quantità di carbonio che, con le operazioni di conversione, vengono rilasciate a tonnellate nell'aria. La domanda che dobbiamo porci è: ne vale la pena? E la risposta è no”.

Secondo Nature Conservancy, dunque, utilizzare i biocarburanti come alternativa al petrolio alla fine risulta molto svantaggioso da un punto di vista ambientale. “Cercare di mitigare così il riscaldamento globale non ha senso”, continua Fargione: “In Indonesia, per esempio, la trasformazione delle torbiere in piantagioni di olio di palma ha determinato una delle più grandi perdite di carbonio mai registrata, seguita da quelle delle foreste amazzoniche in campi di soia. I danni all'habitat sono enormi e la richiesta crescente di biocarburanti sta causando la riconversione di aree sempre più vaste di terreno agricolo in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Brasile, all'Asia. Ma continuando in questo modo la cura si rivelerà molto peggiore della malattia”.

La ricerca di Nature Conservancy allarga ulteriormente la spaccatura tra chi promuove l'utilità di queste nuovi fonti energetiche e chi le ritiene ancora più dannose dell'oro nero. Già lo scorso aprile la Società dell'industria chimica (Sci), società internazionale con sede a Londra, aveva sostenuto che i biocarburanti non solo non riducono l’apporto di gas serra nell’atmosfera ma, a causa degli effetti determinati dalle fasi di produzione, ne aumentano ulteriormente le emissioni (Quel biodiesel è una truffa). Un j'accuse che ridimensionava gli entusiasmi di chi vedeva in questi composti una soluzione ottimale contro l'inquinamento. Del resto proprio su “Science” - che oggi rende note le posizioni di Nature Conservancy – erano apparsi studi che valutavano l'etanolo come risorsa di grande efficacia dal punto di vista energetico (Etanolo nel motore). E lo scorso giugno una ricerca pubblicata su “Nature” aveva attribuito molto interesse ai procedimenti per trasformare lo zucchero derivato da biomasse nel 2,3 dimetilfurano (Dmf), un carburante liquido potenzialmente simile al petrolio (Dmf, meglio dell'etanolo).

A promuovere ulteriormente i biocarburanti, infine, anche l'Ue. La Commissione Europea, infatti, si è detta intenzionata a incrementarne la quota fino al 10 per cento entro il 2020 e, a tale scopo, ha esortato tutti i paesi membri alla ricezione di un pacchetto di misure in materia di nuove politiche energetiche (Taglio emissioni, imperativo Ue). L'Italia, a sua volta, adottando una precedente direttiva comunitaria del 2005, ha già fissato di sostituire almeno il 2 per cento del totale di benzina e diesel con carburanti bio (Le nostre insostenibili città).

Malgrado tali input, però, una buona parte della comunità scientifica ha sempre manifestato scetticismo nei confronti di queste strategie. Se fino a ora le perplessità sono state legate principalmente alla valutazione degli impatti della conversione dei terreni agricoli sulle riserve di cibo (Alternativa sostenibile?), adesso, invece, si arriva a sostenere la pericolosità di questi processi proprio sul fronte della produzione di carbonio. Uno scontro a tutto campo, dunque, che potrebbe rilanciare le posizioni di chi sostiene la necessità di produrre sì i biocarburanti, ma in modo non agricolo. Da poco è stato dimostrato, per esempio, che le termiti possono degradare la cellulosa del legno trasformandola in etanolo (Termiti a tutta velocità). E proprio in Italia sono disponibili tecnologie di smaltimento dei rifiuti in grado di trasformare la spazzatura in biocarburante liquido (Via al riciclaggio indifferenziato). Soluzioni per ora ancora allo stato prodromico, ma che potrebbero rappresentare in futuro una possibile quadratura del cerchio.