venerdì 11 giugno 2010

CAMPI ROM

La clandestinità è reato, numerosi i consensi ed altrettanto numerose la critiche, molti sono quelli che indignati gridano alla violazione dei diritti umani sostenendo che “ROM” è un’etnia e non bisogna generalizzare , qualcun altro sostiene di conoscere alcuni “zingari” che lavorano in fabbrica , sono in regola , pagano le tasse ma quando tornano a casa ,anziché dormire tra le cosidette quattro mura di un qualsiasi quartiere , se ne vanno in un campo nomade e dormono in roulotte perché questo fa parte del loro “essere” . Insomma si vuol far capire che non bisogna far di un’erba un fascio, ma io non sono convinto……………..quando vedo un campo nomade ,nonostante la mia buona volontà, non posso fare a meno di domandarmi se il cavo elettrico che parte dal lampione finisca in un contatore ENEL che contabilizza i consumi delle baracche, non posso fare a meno di domandarmi su chi fornisce ,a questi personaggi, i sacchetti colorati per la raccolta differenziata dei rifiuti, mi incuriosisce dove un numero cosi elevato di persone vada ad espletare i propri bisogni corporali , e per quanto mi sforzo di pensare non ricordo un sistema fognario costruito in quel prato. Forse mi faccio troppe domande e mi rendo conto che i tempi cambiano e che un adeguamento culturale diventa indispensabile …………..ho avuto un’ora di tempo ,mentre il treno mi portava al lavoro, per pensare alle conseguenze del tanto reclamato adeguamento culturale , ho immaginato campi rom con le piazzole contrassegnate per le roulotte, ho fantasticato sulla forma delle colonne di servizio al fianco di ciascuna roulotte fornite di contatore Enel gas ed acqua, ho sorriso all’idea della fila davanti ai servizi igienici dislocati nei punti “strategici” del campo agli estintori alle vie di fuga ed agli adeguamenti di sicurezza previsti dalla legge………al via vai di Rom che vanno e vengono dal lavoro…...in effetti l’adeguamento culturale gioverebbe molto a quest’etnia, riuscirebbero a vivere sempre nel modo in cui noi sogniamo di farlo per quindici giorni l’anno negli appositi campi che noi chiamiamo campeggi