mercoledì 9 giugno 2010

ANUNNAKI

vi propongo un interessante articolo tratto Area di Confine , per molti sembrarà un 'assurda frottola, ma i risultati di alcune ricerche coincidono con quanto ci hanno tramandato le scritture della bibbia e le leggende sumere

l'articolo è lungo , ma le notizie sono davvero particolari

Tratto da Area di Confine45 - Giugno 2009

Di Roberto Boncristiano e Pietro Albanese

L’articolo è diretto e sconcertante. Lo è ancora di più in quanto ogni singola affermazione è attentamente vagliata ed accuratamente documentata. I due autori sono autorevoli sumerologi, il che ci impone di leggere con attenzione quanto appresso riportato. Sconsigliato a chi non abbia letto sull’argomento qualche libro di Laurence Gardner o almeno “Il Pianeta degli dèi” di Zecharia Sitchin, nonchè a quelli che “sanno tutto senza aver mai letto nulla”.
E.P.

Gli Anunnaki sono approdati sul pianeta Terra tra il 441.600 e il 442.860 a.C. dominando incontrastati per un arco temporale smisurato e manipolando geneticamente un essere bipede autoctono imprimendogli, intorno al 300.000 a.C., alcuni frammenti di dna alieno. Necessitano di lavoratori docili e ubbidienti per l’estrazione dell’oro dalle miniere terrestri, per l’approvvigionamento dei beni indispensabili al proprio sostentamento biologico e per predisporre le attività finalizzate alla permanenza su questo pianeta. Tutto sembra procedere per il verso giusto, ma rivalità interne agli Anunnaki modificheranno gli eventi a tal punto da perdere il controllo della Terra a favore delle versioni geneticamente modificate e più recenti della specie umana. Ci riferiamo alla duplice biforcazione genetica, ad opera dei genetisti anunnaki, dall’Homo erectus pre-sapiens, e successivamente dall’Homo sapiens, all’uomo di Neanderthal e all’uomo di Cro-Magnon. La gestione padronale delle genti umane è sempre più problematica, e la stessa evoluzione dello spirito e dell’intelligenza degli umani crea notevoli disagi e insofferenze negli Anunnaki. Alla fine, quasi tutti gli “dèi” decidono di abbandonare la Terra e riteniamo plausibile la datazione proposta da Sitchin nel suo recente libro “ Il giorno degli dèi “, dove lo studioso colloca questi eventi drammatici nel sesto secolo a.C. Il primo a elevarsi al cielo è Nannar/Sin, seguito da tutti i suoi familiari, ma anche Enlil e tutti i suoi fedelissimi lasceranno la Terra. Gli dèi sono soprattutto disgustati del degrado morale della stirpe umana, della sua tendenza alla violenza e del suo gusto della sopraffazione. La ragione di fondo, però, della loro partenza è la crescente consapevolezza degli Anunnaki dell’inevitabile sviluppo della coscienza degli umani; un giorno avrebbero compreso che gli alieni non erano “ dèi “, con conseguente dissolvimento del loro potere carismatico sulle masse umane. Ma non tutti partono. Restano sulla Terra Marduk e la sua discendenza e, probabilmente, Ishtar. I depositari della eredità genetica di Marduk forse sono ancora presenti sul nostro pianeta, e sono riusciti a preservare integralmente la loro purezza e specificità biogenetiche. Riteniamo che il loro scopo sia quello di guidare l’umanità nel suo percorso evolutivo sul piano morale e materiale, essendo noi, in parte, i custodi del loro seme vitale, ovvero i “figli di Dio”.


Il Dio Anu


Rappresentazione del sistema di Nibiru in avvicinamento

Non è da escludere la plausibilità dell’ipotesi di uno scontro tecnologico tra i discendenti sulla Terra degli Anunnaki, legati a Marduk, ed esseri alieni provenienti da altri pianeti, affacciatisi in tempi relativamente recenti. Il possibile, subdolo tentativo di alieni di giungere al dominio del pianeta tramite pratiche di ibridazione con la razza terrestre costituisce un grave pericolo per i discendenti degli Anunnaki, che vedono in noi la certezza di tramandare nel tempo la loro identità genetica. Per dissuadere gli alieni dal loro progetto mefistofelico gli Anunnaki della Terra rilasciano gradualmente agli umani le conoscenze indispensabili per potenziare la tecnologia militare e per rilevare possibili intromissioni di geni alieni nel genoma umano. Non è irrilevante nè casuale lo sforzo compiuto negli ultimi anni per la mappatura del corredo genetico della specie umana: una conoscenza completa delle sequenze geniche umane consente di individuare immediatamente anomalie geniche non riconducibili alle variazioni fisiologiche, di natura endogena o esogena, dei geni umani. Supponiamo una avanzatissima competenza degli Anunnaki nella ricerca genetica, che ha permesso loro di fondere il dna del terrestre con quello anunnako, ma soprattutto di progettare una graduale ibridazione nel tempo della specie umana per il ripristino della loro purezza genica.


Pantheon sumero


Statua di Ishtar

La loro preoccupazione di salvaguardare la loro razza si evince dall’incerto esito del tentativo di salvare il loro pianeta dalla morte cosmica. Non ci è dato sapere se le enormi quantità d’oro trasportate dalla Terra sul pianeta Nibiru abbiano garantito il superamento di un grave squilibrio ecologico prodottosi sul loro pianeta. Ricordiamo ai nostri lettori che quasi tutti gli Anunnaki ritornano su Nibiru, ma la loro missione di estrazione e trasporto dell’oro su Nibiru non era stata portata a termine, e dunque vi è la seria probabilità che su Nibiru non sussistano più le condizioni ambientali per la conservazione della vita. Certamente, potevano optare per una loro permanenza tra gli uomini, ma ritenevano improba l’impresa di mantenere l’ordine e la pace presso le genti umane, di smorzare le catastrofiche conseguenze di periodiche e inesorabili calamità naturali e cosmiche che affliggono il nostro pianeta. Non è secondario, per la loro decisione di partire, un atteggiamento fatalista che si può cogliere in un passo di una tavola sumera. “…la Terra appartiene ai Terrestri, la nostra missione era di preservarli e di farli evolvere! Se dunque tale è la nostra missione qui, agiamo allora di conseguenza…”. Un altro passo sumero suffraga la consapevolezza di un loro ruolo strumentale sulla Terra: “…se l’Uomo, e non gli Anunnaki, è destinato a ereditare la Terra, diamo allora una mano al Destino. Trasmettete la conoscenza agli uomini, insegnate loro le leggi della giustizia e della rettitudine, poi andatevene…”. E hanno adempiuto alla loro missione e hanno anche accettato il loro destino di morte, perché sapevano che il loro ritorno su Nibiru avrebbe rappresentato una morte certa. In una fase precedente il Diluvio Universale, databile intorno ai 13.000 anni fa, era giunto sulla Terra Galzu, un emissario di Anu, il sovrano di Nibiru. Questo misterioso personaggio incontra i capi della missione anunnaka sulla Terra e intima loro di assecondare il Destino, che assegna ai terrestri il compito di protrarre nel tempo la vita intelligente sviluppatasi su Nibiru. Le parole pronunciate da Galzu sono emblematiche della tragedia che sta per colpire la razza anunnaka: “… su Nibiru molte riflessioni e molti esami di coscienza stanno sollevando numerose domande: forse Nibiru deve essere abbandonata al suo fato; qualunque cosa il Creatore di tutte le cose avesse in mente, bisogna lasciare che accada…la venuta sulla Terra era stata concepita dal Creatore di tutte le cose, e ne siamo solo involontari emissari…questo è l’ordine segreto che vi porto da Nibiru: voi tre resterete sulla Terra; tornerete su Nibiru solo per morire…”. Non scendiamo nei particolari, che sono stati illustrati da Sitchin nel suo libro “ Il giorno degli Dei “, sulla partenza definitiva degli Anunnaki dalla Terra, ampiamente documentata dalle testimonianze fornite da antichi testi mesopotamici ed ebraici; basti citare la tavola VAT 7847, dove si legge: “…rombando in volo gli dei lasceranno i paesi, si separeranno dal popolo. Le genti lasceranno andare in rovina le dimore degli dei. Cesseranno compassione e benessere. Enlil, adirato, ascenderà al cielo…”.


Stella di Ishtar

Se gli Anunnaki rientrano nel loro pianeta per compiere il loro destino di morte e di estinzione della vita su Nibiru, non ha senso porsi la questione di un loro ritorno in un tempo imminente sulla Terra, perché sono presumibilmente morti. Dissentiamo da tutte le tesi concernenti un ritorno dei nostri progenitori, insistendo invece sull’ipotesi di una continuità genetica tra gli Anunnaki e gli uomini. In definitiva, noi siamo gli Anunnaki del 2009. Noi umani abbiamo ereditato il loro patrimonio genetico e da questo punto di vista gli Anunnaki non se ne sono mai andati via dalla Terra. Questa conclusione alquanto paradossale è il terminale di una ponderata riflessione negli anni con Pietro Albanese, con cui ho condiviso lunghe frequentazioni della ricerca sulle testimonianze lasciateci dai Sumeri e da altri popoli mesopotamici. Tutto nasce da un discorso imbastito da me, da Antonio Boncristiano e da Pietro Albanese in una calda serata di settembre 2008, quando ad un certo punto ci imbattiamo in una contraddizione temporale insita nella sperimentazione genetica, operata dagli Anunnaki, per creare il primo ibrido tra la razza aliena e l’uomo erectus pre-sapiens presente sulla Terra. Eravamo sorpresi della lunghezza interminabile delle prime sperimentazioni genetiche, che erano dell’ordine di due “shar”, una unità astronomica relativa al circuito orbitale completo di Nibiru intorno al Sole. Due shar corrispondono all’incirca a 7200 anni terrestri: un tempo eccessivamente lungo per una civiltà aliena dotata di capacità intellettuali superiori. Il fallimento dei primi esperimenti di manipolazione genetica comportava, poi, un protrarsi nel tempo dei successivi tentativi di ibridazione, e trascorrono dunque altri shar per la conduzione degli esperimenti. Ci sembrava francamente inesplicabile una simile estensione temporale e non avevamo certo di fronte degli idioti. All’improvviso Albanese suggerisce la soluzione dell’arcano: “Ma è chiaro! Gli Anunnaki vivono la dimensione temporale in modo completamente diverso dal nostro! Per loro il tempo scorre molto più lentamente, essendo il loro ciclo vitale conforme al moto orbitale di Nibiru. Un giorno della loro vita corrisponde forse ad alcuni anni del tempo terrestre, per cui nelle prime sperimentazioni di ibridazione hanno impiegato solamente due dei loro anni, dunque un tempo perfettamente compatibile con i loro cicli vitali e con le loro potenzialità intellettuali!”. Ho convenuto che l’intuizione di Albanese risultava aderente alla dilatazione temporale del ciclo vitale degli Anunnaki, e ciò spiega la loro apparente immortalità agli occhi degli umani, il cui dna consente una durata della vita infinitamente più breve, condizionata dai frenetici moti orbitali della Terra intorno al Sole.




Scrittura cuneiforme

L’orologio biologico degli Anunnaki è contraddistinto da un processo di adattamento al ciclo orbitale di Nibiru e alle sue caratteristiche ambientali, come si può arguire da una constatazione di Galzu, eminente anunnako in missione sulla Terra. Incontrando Ninmah, una sua coetanea che faceva parte della missione anunnaka sulla Terra, nota che l’aliena era molto più vecchia di lui e sembrava sua madre. Galzu giustifica questa accelerazione biologica di Ninmah con fattori ambientali: “… semplice è la spiegazione, la causa è nei cicli vitali inattivi dei nostri inverni…”.  Scopriamo che su Nibiru ci sono le lunghe stagioni invernali, in grado di rallentare gli irreversibili processi di invecchiamento cellulare. Una conferma indiretta di un ecosistema climatico che incide sulla durata della vita scaturisce dalle reazioni dei primi Anunnaki giunti sulla Terra, che mal tollerano l’eccessivo calore del Sole e sono sempre alla ricerca di refrigerio. Ci sarà per molti Anunnaki un processo di adattamento alle condizioni ambientali della Terra, ma pagano a caro prezzo questa acclimatazione dei loro corpi quando ritornano su Nibiru: invecchiano sul loro pianeta molto più rapidamente e muoiono presto. Il ciclo vitale anunnako è regolato anche da una componente genetica, beneficiando dunque di una longevità ragguardevole, ma non dell’immortalità. Questa caratteristica genetica, acquisita in termini evoluzionistici, incide in modo determinante sulla durata della vita degli Anunnaki, e sono molteplici le testimonianze delle tavole sumere relative alla loro longevità. Esemplare è al riguardo la procedura impiegata nella manipolazione genetica degli uomini erectus pre-sapiens, quando inseriscono alcuni tratti genici del loro corredo genetico nel dna del terrestre. Dopo svariati tentativi e sperimentazioni genetiche , conseguono risultati anche eccellenti, creando i prototipi dell’odierna umanità. Senza scendere in particolari astrusi, basti ricordare che alcuni ibridi, e siamo intorno ai 270.000 anni fa, raggiungevano agevolmente i 900 anni di vita, brevissima rispetto a quella degli Anunnaki, ma di durata incomparabilmente superiore alla nostra: “…nell’Eden, gli Anunnaki osservavano con ammirazione i Terrestri: possedevano intelligenza, comprendevano i comandi…in uno Shar le loro generazioni erano a volte quattro, a volte di più…”. Se uno shar dura 3600 anni, ogni generazione di terrestri viveva circa 900 anni, intorno al 150.000 a.C. Con il succedersi però delle generazioni successive, i cicli vitali degli ibridi si riducevano sensibilmente per la dissipazione graduale dei tratti genetici alieni innestati nel dna del terrestre, ed Enki, un capo anunnako, osservando i discendenti dei Terrestri, “…notò una situazione inquietante: per colpa dei loro ripetuti accoppiamenti stavano regredendo al livello dei loro incivili progenitori…”. Evidentemente, i geni che regolavano la durata biologica delle cellule erano soggetti a un meccanismo di inibizione progressivo nel tempo, e forse era previsto. Per essere chiari, gli Anunnaki hanno concepito per noi una vita breve bloccando il gene che regola la durata biologica delle cellule. I terrestri stavano smarrendo anche le loro capacità di comprensione e risultava per loro sempre più gravoso svolgere le mansioni e i compiti ass egnati dagli Anunnaki. Un lavoro di perfezionamento genetico viene condotto dagli scienziati alieni, guidati da Enki creando un nuovo tipo umano, un capostipite maschio chiamato Adapa (che significa “figlio di nessuno”) e una femmina, Titi, ovvero “colei che ha la vita”. Viene definito l’Uomo Civilizzato, con peculiarità superiori all’ibrido precedente: “…un’ampia comprensione gli concessero, la saggezza e la conoscenza avevano dato, ma non gli diedero una lunga vita…”. Verrà persino condotto sul pianeta Nibiru per la sua eccezionalità, ma non potrà usufruire della longevità anunnaka. Le ragioni di questa scelta di non attivare un gene della longevità nel dna terrestre sono piuttosto ovvie, non potendo gli Anunnaki permettere che i loro sottoposti fossero uguali agli “dèi “. In realtà, Enki non crea Adapa e Titi in laboratorio, ma lo fa ingravidando due femmine terrestri del modello antropico precedente. La fecondazione riuscita delle femmine terrestri è una conferma indiretta che Anunnaki e terrestri sono geneticamente compatibili, essendo entrambi un’emanazione del processo evolutivo dello stesso seme vitale. Sono accomunati dalla stessa matrice biochimica che, durante la collisione in tempi atavici tra Nibiru e Tiamat, ha contaminato la parte superstite di Tiamat, l’odierna Terra. Adapa nasce nel 93° shar e muore nel 108° shar. Vive complessivamente 15 shar, corrispondenti a 54.000 anni di vita terrestri. Il nuovo ibrido dispone di quasi tutto il corredo genetico degli Anunnaki, è intellettivamente molto dotato e vive la dimensione temporale anunnaka, acquisita geneticamente, dato che “…cresceva molto più lentamente dei Terrestri…” (non ci siamo inventati nulla, perché cosi è testimoniato da antiche tavole mesopotamiche). Quando morirà, sarà assistito e circondato dai suoi discendenti fino all’ottava generazione. Caino e Sati, i due figli di Adapa, avvolgono il suo corpo in un telo, a corroborare la tesi di una longevità ereditaria, essendo i due figli ancora vivi. Il destino mortale dei terrestri non può essere scongiurato e il loro ciclo vitale si riduce progressivamente con le generazioni successive, perché il tempo terrestre scorre molto più rapidamente rispetto al tempo su Nibiru, essendo il moto orbitale della Terra estremamente vorticoso in relazione a quello nibiruano. Gli stessi Anunnaki stabilitisi sulla Terra patiscono gli effetti deleteri del moto terrestre sui loro corpi e soffrono di vertigini, di disturbi fisici gravi, ma soprattutto di un’accelerazione incredibile dei processi d’invecchiamento cellulare.
 Questi mutamenti biologici del ciclo vitale degli Anunnaki vengono certificati da alcuni straordinari passaggi rinvenibili nei testi mesopotamici, che riferiscono di un invecchiamento precoce degli Anunnaki nati sulla Terra: “…sulla Terra siamo diventati vecchi, ma quelli nati sulla Terra invecchiano ancora prima…”. Questo lamento è di Enki, un anunnako protagonista della missione che si stanzierà sulla Terra per 123 shar, l’equivalente di 435.800 anni terrestri. E’ evidente che la radice genetica della longevità anunnaka viene seriamente intaccata, nel lungo periodo, da condizioni ambientali sfavorevoli contraddistinte da un’eccessiva quantità di energia radiante che deteriora i processi biochimici delle cellule, con effetti mutageni sul dna molecolare, ma anche da una contrazione temporale indotta dal moto orbitale della Terra. L’invecchiamento precoce viene attestato da testimonianze sumere che ricordano la visita sulla Terra di Anu e sua moglie Antu. In occasione di questa circostanza, Anu e Antu incontrano i figli Enlil, Enki e Ninmah, che da tempo immemorabile vivono sulla Terra, e il testo sumero coglie un aspetto tragicamente emblematico dell’incontro: “… si osservavano per vedere quanto erano invecchiati: pur se i genitori avevano vissuto un numero maggiore di Shar, sembravano ben più giovani dei propri figli…i due figli erano vecchi e barbuti; Ninmah, un tempo una vera bellezza, era ora curva e rugosa…”. I figli erano più vecchi dei genitori ed erano destinati a morire prima. Anu e Antu non hanno mai vissuto sulla Terra e avevano preservato i tratti peculiari del loro ciclo vitale, che contemplava una disattivazione dei processi di deterioramento organico di origine genetica, e una assuefazione temporale al moto di Nibiru; infatti, Anu e Antu visitano le regioni terrestri restando ininterrottamente svegli per un arco di tempo per noi impossibile: “…nei giorni seguenti, viaggiando a bordo di navicelle spaziali, ispezionarono le altre regioni. Poi, il diciassettesimo giorno, la coppia reale fece ritorno a Unug-Ki, per avere un’altra notte di riposo…”. Avete compreso bene: sono stati svegli per diciassette giorni terrestri consecutivi. Dobbiamo supporre che la fase diurna su Nibiru corrisponda ai nostri sedici giorni interi, dunque un giorno intero di Nibiru dura un mese terrestre o poco più. D’altronde, cosa potevano fare i figli di Anu e Antu per attenuare le conseguenze negative della loro permanenza sulla Terra? Sono frequenti nelle fonti le narrazioni circa il nutrimento degli Anunnaki, basato sull’assunzione di alimenti e bevande in grado di ricostituire, conservare e proteggere gli equilibri elettrolitici delle cellule a livello molecolare. Nei testi religiosi indiani si parla di una bevanda che impediva l’invecchiamento, chiamata “ soma “, e andava mescolata con il latte. Non era una bevanda terrestre, ma proveniva direttamente dal pianeta d’origine degli dei. Nei testi mesopotamici viene ricordato Marduk, quando istruisce i sacerdoti egizi sulle proprietà taumaturgiche della “Pianta della Vita e delle acque della Giovinezza”. In genere, venivano somministrati bevande chiamate elisir e pani di forma conica, di cui si cibavano costantemente gli Anunnaki, ma si accedeva a questi nutrimenti in misura diversa, in base al rango dei singoli Anunnaki. Lo studio di Laurence Gardner è a questo proposito illuminante, essendo rigorosamente documentato da una serie di testimonianze scritte degli antichi Egizi e da raffigurazioni innumerevoli di questi pani conici. In alcune circostanze, si descrivono la proprietà di alcune acque non solo di rallentare l’invecchiamento dei corpi, ma persino di ringiovanirli. Il nettare degli dei non è un mito. La nostra riflessione prosegue con un ulteriore elemento del mosaico, concernente il significativo condizionamento esercitato dalla dilatazione temporale del ciclo vitale degli Anunnaki sul ritmo evolutivo della loro tecnologia. Siamo persuasi che il loro sviluppo tecnologico sia stato cadenzato dalla dilatata dimensione temporale di Nibiru e quindi dei processi vitali degli Anunnaki. Per farci capire, i preparativi della prima missione degli Anunnaki sulla Terra durano due shar, che in termini terrestri sono 7200 anni. E’ inconcepibile per noi un tempo del genere, ma per gli Anunnaki sono trascorsi solo due dei loro anni. La relativa lentezza della loro evoluzione tecnologica spiega molti paradossi, legati ai tempi quasi biblici per la costruzione di apparecchi per l’attività mineraria di estrazione dell’oro e di altri metalli, per l’erezione di monumenti mastodontici, per la manipolazione genetica degli umani. Solo in una fase molto tarda, quando gli Anunnaki si sono adattati all’ambiente e ai cicli orbitali terrestri, e quindi il tempo della loro vita si è contratto, assistiamo ad un avanzamento tecnologico molto più rapido. Se ipotizziamo una possibile sopravvivenza degli Anunnaki su Nibiru, dal momento della loro partenza, il sesto secolo a.C., ancora non è trascorso un anno della loro vita, mentre per noi sono passati 2600 anni. E cosa siamo riusciti a fare in meno di uno shar in termini di acquisizione di conoscenze tecniche e scientifiche? Non possiamo escludere che la nostra tecnologia attuale sia di poco inferiore a quella anunnaka, se non equivalente. Siamo inoltre persuasi che i discendenti di Marduk risiedano sulla Terra, che abbiano promosso implicitamente la crescita della cultura scientifica e tecnologica della specie umana, che stiano apprestando un programma di difesa della razza umana dagli attacchi di razze aliene le quali ambiscono al dominio del nostro pianeta con tecniche di ibridazione degli umani e con la graduale sostituzione del nostro patrimonio genetico con il loro. Ci sono molti inquietanti indizi che potrebbero suffragare la nostra tesi, ma non può bastare un articolo per la loro illustrazione. Rinviamo a momenti successivi gli opportuni approfondimenti e restiamo disponibili nelle appropriate sedi e nei prossimi articoli, di imminente pubblicazione, a comunicare dettagli chiarificatori. Ci assumiamo la responsabilità morale e intellettuale di asserire che le informazioni fornite in questo articolo, anche se scabrose ed incredibili, sono da noi reputate veritiere. Auspichiamo un dibattito serio e costruttivo da parte di quanti riterranno opportuno intervenire sulla questione.

Chi intenda interpellarci, può contattare il direttore editoriale di Area di Confine, l’ing. Ennio Piccaluga ( ennio.piccaluga@acaciaedizioni.com Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo ) .
Ulteriori e periodiche annotazioni saranno pubblicate sul sito www.elleepi.com/mars